Patent Box Italiano: un premio per le Startup vincenti

La legge di Stabilità 2015 ha introdotto in Italia il regime del “patent box”, già operante in altri Paesi Europei, come il Lussemburgo, i Paesi Bassi, la Francia e il Regno Unito. La normativa è stata oggetto di modifica ed integrazione ad opera dapprima dell’Investment Compact (DL 24.1.2015 n. 3) e poi della legge di Stabilità 2016.


Sintesi normativa

La norma prevede la detassazione del 50% dei redditi derivanti dallo sfruttamento diretto od indiretto dei beni immateriali (marchi, brevetti, software protetto da copyright), di processi, formule e informazioni relativi ad esperienze acquisite nel campo industriale, commerciale o scientifico, disegni e modelli, giuridicamente tutelabili, realizzati dall’impresa.

Sono totalmente escluse da tassazione le plusvalenze derivanti dalla cessione dei beni immateriali agevolabili, a condizione che almeno il 90 per cento del corrispettivo derivante dalla cessione dei predetti beni sia reinvestito, prima della chiusura del secondo periodo di imposta successivo a quello nel quale si è verificata la cessione, nella manutenzione o nello sviluppo di altri beni immateriali.

Particolari disposizioni ne limitano il beneficio nel caso di realizzazione di un bene immateriale anche a mezzo della acquisizione di un altro bene immateriale da terzi, o nel caso di attività che coinvolgano il gruppo.

Si noti che, diversamente da molte normative similari rilevabili in altre Nazioni, che l’ammontare della agevolazione è del tutto indipendente dal costo sostenuto per la realizzazione dei beni qualificabili per il patent box (fermo restando che delle spese per attività di ricerca e sviluppo del bene devono essere sostenute), ma è esclusivamente correlata ai redditi prodotti da suddetti beni.

Questo comporta principalmente due conseguenze:

–          L’agevolazione è correlata sostanzialmente al successo della attività di ricerca e sviluppo. Se una determinata attività produce un brevetto, dal costo di realizzazione magari molto limitato, ma di grosso successo di mercato, l’impatto economico in termini di risparmio di imposta sarà molto importante. Di converso, una attività che non produce risultati concreti di fatto non beneficerà di alcuna detassazione

–          La necessità di identificare il reddito (ricavi – costi) prodotto dal singolo bene agevolabile. Se nel caso di utilizzo indiretto (mediante concessione a terzi) l’identificazione è abbastanza immediata, coincidendo con le royalties o diritti di concessione, molto più complessa è l’identificazione del reddito prodotto nel caso di utilizzo diretto, cioè direttamente nell’ambito dell’attività propria di impresa, oltre ad il fatto che suddetto reddito dovrà esser definito in accordo con la Agenzia delle Entrate mediante apposito ruling.


Ambito soggettivo

Possono optare per il regime agevolato tutti i soggetti titolari di redditi di impresa residenti in Italia (società di capitali; enti commerciali residenti in Italia; imprenditori individuali; altri titolari di reddito di impresa).

Inoltre, è prevista la facoltà di beneficiare del patent box anche per i soggetti residenti in un Paese che abbia siglato con l’Italia una convenzione per evitare la doppia imposizione con il quale sia effettivo lo scambio di informazioni. Si tratta in sostanza di tutti i Paesi inclusi nella white list. In tali casi l’agevolazione spetterà quando i beni immateriali siano attribuiti ad una stabile organizzazione in Italia del soggetto non residente.

L’agevolazione si applica a condizione che i soggetti interessati sostengano spese per attività di ricerca e sviluppo finalizzate alla produzione dei beni qualificabili per il patent box. Le spese possono essere sostenute anche mediante contratti di ricerca stipulati con università o enti di ricerca e organismi equiparati.


Ambito oggettivo

Possono beneficiare della detassazione prevista dal regime i redditi derivanti dallo sfruttamento diretto e indiretto di

  •  Software protetto da copyright
  •   Brevetti industriali, ivi comprese   le   invenzioni biotecnologiche e i relativi certificati complementari di protezione, i brevetti per modello d’utilità, nonché i brevetti e certificati per varietà vegetali e le topografie di prodotti a semiconduttori
  •  Marchi di impresa registrati (questa categoria sarà a breve elimnata probabilmente per discutibile compatibilità con la normativa comunitaria)
  • Disegni e modelli giuridicamente tutelabili
  • informazioni aziendali ed esperienze tecnico-industriali, comprese quelle commerciali o scientifiche proteggibili come informazioni segrete (know how), giuridicamente tutelabili

Per disegni e modelli “giuridicamente tutelabili”, si intendono (circ 11/E del 07.04.2016):

  1. le domande di registrazione di disegni e modelli;
  2. i disegni e modelli registrati;
  3. i disegni e modelli comunitari non registrati  che  possiedano  i requisiti di registrabilità, la cui tutela dura per un periodo di tre  anni decorrente dalla data in cui il disegno o  modello  è  stato  divulgato  al pubblico per la prima volta nella Comunità  (di  cui  all’articolo  11  del Regolamento CE n. 6/2002 del Consiglio, del 12 dicembre 2001, su disegni  e modelli comunitari);
  4. il disegno industriale che presenti di per sé carattere  creativo  e valore artistico (ai sensi dell’articolo 2, comma 1, n. 10, della legge  22 aprile 1941, n. 633 in materia di  diritto  d’autore  e  di  altri  diritti connessi al suo esercizio).

Per informazioni aziendali ed esperienze tecnico-industriali,  comprese quelle commerciali o scientifiche proteggibili come  informazioni  segrete, giuridicamente tutelabili si fa riferimento all’ambito di protezione  delle informazioni aziendali riservate, come previsto dall’articolo 39 del  TRIPs Agreement  (Trade  Related  Aspects  of   Intellectual   Property   Rights) ratificato  dall’Italia  con  la  legge  29  dicembre  1994,  n.  747,  che nell’ordinamento  nazionale  italiano  attribuisce  in  capo  al  legittimo detentore un diritto di proprietà industriale, disciplinato  agli  articoli 98 e 99 del Codice della  Proprietà  Industriale  (decreto  legislativo  10febbraio 2005, n. 30, “cpi”). In particolare, rientra  in  tale  ambito  di applicazione il know-how di cui all’articolo 1, lett. i) del Regolamento CE n. 772/2004, del  27  aprile  2004.

Ai fini del regime opzionale si  considerano  pertanto  “giuridicamente tutelabili”, le informazioni aziendali e le esperienze tecnico-industriali, comprese quelle commerciali, soggette al legittimo controllo del detentore, ove tali informazioni:

  1. siano segrete, nel senso che non siano  nel  loro  insieme  o  nella precisa configurazione e combinazione dei loro elementi generalmente note o facilmente accessibili agli esperti  ed  agli  operatori  del  settore.
  2. Si tratta di informazioni che, singolarmente o nella loro combinazione,  siano tali da non poter essere assunte dall’operatore del settore, in tempi  e  a costi ragionevoli. In sostanza occorre che la loro  acquisizione  da  parte del concorrente richieda sforzi o investimenti;
  3. abbiano valore economico  in  quanto  segrete.  Non  nel  senso  che possiedano un valore  di  mercato,  ma  nel  senso  che  il  loro  utilizzo comporti, da parte  di  chi  lo  attua,  un  vantaggio  concorrenziale  che consenta di mantenere o aumentare la quota di mercato;
  4. siano sottoposte, da parte delle persone al cui legittimo  controllo sono soggette, a misure da ritenersi ragionevolmente adeguate a  mantenerle segrete.

L’agevolazione

Il patent box a regime garantisce la detassazione del 50% (30% per l’anno 2015 e 40% per l’anno 2016) dei redditi derivanti dallo sfruttamento diretto o indiretto dei beni immateriali oggetto dell’agevolazione.

Inoltre, le plusvalenze derivanti da cessioni di beni immateriali non concorrono a formare il reddito complessivo in quanto escluse, a condizione che almeno il 90% del corrispettivo derivante dalla cessione dei predetti beni sia reinvestito, prima della chiusura del secondo periodo di imposta successivo a quello nel quale si è verificata la cessione, nella manutenzione o nello sviluppo di altri beni immateriali agevolabili.

I redditi agevolabili in caso di utilizzo indiretto dei beni (e.g. concessione in uso a terzi) è di immediata identificazione, consistendo nelle royalties che il contribuente ritrae dalla licenza a terzi dei propri beni immateriali.

Più delicata è invece l’individuazione dei redditi agevolabili in caso di sfruttamento diretto del bene immateriale, per la produzione interna dell’azienda, che peraltro dovrà necessariamente essere svolta mediante contradditorio con l’Agenzia delle Entrate, attraverso la procedura di ruling.

Il ruling rimane invece facoltativo nel caso di utilizzo indiretto dei beni immateriali, nonché di determinazione delle plusvalenze derivanti dalla cessione di beni immateriali agevolabili. La circolare 36/E del 2015 ha chiarito che in caso di procedura opzionale mediante l’accordo di ruling possono essere determinati sia il reddito agevolabile derivante dall’uso indiretto del bene immateriale che la plusvalenza da escludere dal reddito di impresa, realizzati nell’ambito di operazioni infragruppo.

Secondo la relazione illustrativa, il reddito agevolabile consiste in un reddito figurativo ascrivibile ai beni immateriali incorporato nel reddito rinveniente dall’attività produttiva o commerciale svolta dal contribuente. Tale approccio, di fatto, assume l’esistenza di un ramo d’azienda autonomo deputato alla concessione in uso dei beni immateriali allo stesso contribuente.

L’opzione ha durata di 5 anni eventualmente rinnovabili. L’opzione esercitata avrà efficacia dal periodo d’imposta in cui è presentata l’istanza di ruling.


Quota di reddito agevolabile

Il reddito agevolabile da detassare è pari al reddito ascrivibile allo sfruttamento del bene immateriale moltiplicato per un coefficiente pari al rapporto tra (art. 9 del DM 30.7.2015):

  • i costi di attività di ricerca e sviluppo sostenuti per il mantenimento, l’accrescimento e lo sviluppo del bene immateriale (numeratore); e
  • i costi complessivi sostenuti per produrre e sviluppare tale bene (denominatore), comprensivi di:
    •  i costi relativi a servizi di ricerca e sviluppo dati in outsourcing a società parte del medesimo gruppo;
    • i costi relativi all’acquisizione del bene immateriale oggetto dell’agevolazione (o di una parte di esso), anche mediante licenza di concessione in uso

Tale modalità di calcolo risponde all’esigenza di rispettare il c.d. nexus approach richiesto dalle Linee Guida OCSE, che consente di agevolare esclusivamente redditi che derivano dal sostenimento di spese nel territorio dello Stato.

La relazione illustrativa al DM 30.7.2015 chiarisce che i costi da inserire al numeratore e al denominatore sono quelli sostenuti nel periodo di riferimento, a prescindere dal regime fiscale e dal trattamento contabile.

Il DM precisa che il calcolo della percentuale deve essere effettuato prendendo a riferimento i dati dell’esercizio e del triennio precedente. In particolare, per il calcolo della percentuale relativa al 2015, i costi da considerare sono quelli sostenuti negli anni dal 2012 al 2015. A partire dall’esercizio 2018, il calcolo dovrà essere effettuato considerando i dati relativi a tutti gli esercizi oggetto di agevolazione.

Inoltre, il coefficiente fino all’esercizio 2018 potrà essere computato cumulativamente, considerando i costi al numeratore e i costi al denominatore come grandezze aggregate, senza distinzione per singolo bene immateriale. Ciò al fine di consentire alle imprese di adeguare i propri sistemi informatici e di reporting, in modo che consentano l’identificazione dei costi sostenuti distintamente per ciascun bene immateriale.


Procedure

 

Adesione al regime

L’opzione per l’adesione al regime dovrà essere effettuata nella dichiarazione dei redditi relativa all’esercizio per il quale si intende optare (art. 4, co. 3 del DM 30.7.2015). Per i soli periodi di imposta 2015 e 2016, tuttavia il contribuente deve presentare apposita istanza all’Agenzia delle Entrate, secondo le modalità ed i termini indicati dal Provvedimento dell’Agenzia delle Entrate 2015/144042 del 10.11.2015.

L’apposito modello di istanza allegato al Provvedimento, dati i tempi stretti per l’adesione, è molto snello e prevede esclusivamente l’indicazione dei dati del soggetto che esercita l’opzione, oltre a quelli dell’intermediario incaricato della relativa trasmissione telematica del modello. Si tratta di una mera “prenotazione”, così che possano aderire anche i soggetti che ancora non sono in grado di valutare gli impatti economici dell’opzione.

Se a seguito di ulteriori verifiche il contribuente si rendesse conto di non avere i requisiti per aderire al regime, o di non trarne vantaggio, potrà decidere di non beneficiare dell’agevolazione anche dopo aver presentato l’istanza, senza conseguenze sanzionatorie (circ. Agenzia delle Entrate 36/E del 2015).

L’invio del modello per gli esercizi 2015 e 2016 deve avvenire entro la chiusura del periodo di imposta (rispettivamente 31.12.2015 e 2016 per i soggetti solari).

Presentazione dell’istanza di ruling

Le modalità operative di accesso alla procedura e i contenuti minimi dell’istanza di ruling, necessaria in caso di utilizzo diretto del bene immateriale, sono stati disciplinati dal Provvedimento dell’Agenzia delle Entrate n. 154278 dell’1.12.2015.

L’istanza di ruling deve essere prodotta su carta libera (senza marca da bollo) e inviata a mezzo raccomandata con avviso di ricevimento, ovvero tramite consegna a mano presso l’Ufficio Accordi preventivi e controversie internazionali dell’Agenzia delle entrate, Direzione Centrale Accertamento, Settore Internazionale di Roma, via Cristoforo Colombo 426 c/d e Milano, via Manin 25, che dovrà rilasciare attestazione di avvenuta ricezione (punto 2 del citato Provvedimento).

Non sembra possibile, stante il tenore letterale del Provvedimento, l’invio dell’istanza tramite PEC. Sul punto tuttavia, stante l’equiparazione delle modalità di trasmissione da parte del Codice dell’amministrazione digitale equipari, sarebbe opportuna un’apertura da parte dell’Agenzia delle Entrate.

Inoltre, non è chiaro se l’invio debba essere fatto ad entrambi gli Uffici, o se la scelta possa essere fatta dal contribuente (magari su base territoriale), soluzione che sembra più plausibile.

Contenuto dell’istanza di ruling

Il Provvedimento dell’1.1.2015 disciplina il contenuto essenziale dell’istanza di accordo preventivo che prevede:

  1. i dati dell’impresa o, per i contribuenti non residenti, i dati del domiciliatario nazionale per la procedura;
  2. l’oggetto dell’accordo che, alternativamente, potrà riguardare la preventiva definizione dei metodi e dei criteri di calcolo del contributo economico alla produzione del reddito d’impresa o della perdita:
    1. in caso di utilizzo diretto dei beni immateriali;
    2. in caso di utilizzo indiretto dei beni, dei redditi realizzati nell’ambito di operazioni con società che direttamente o indirettamente controllano l’impresa, ne sono controllate o sono controllate dalla stessa società che controlla l’impresa;
    3. delle plusvalenze di cui all’art. 10 del Decreto, realizzate nell’ambito di operazioni con società che direttamente o indirettamente, controllano l’impresa, ne sono controllate o sono controllate dalla stessa società che controlla l’impresa;
  3. la tipologia di bene immateriale dal cui utilizzo deriva il reddito agevolabile e l’eventuale vincolo di complementarietà esistente tra beni anche di tipologie diverse;
  4. la tipologia di attività di ricerca e sviluppo svolta negli anni interessati ed il diretto collegamento della stessa con lo sviluppo, mantenimento e accrescimento del valore dei beni immateriali.

Le istanze di ruling sono correlate della documentazione di supporto necessaria a comprovare le informazioni e i dati inclusi nell’istanza, al fine di individuare in modo analitico i beni immateriali oggetto dell’opzione, e a fornire una descrizione dettagliata delle attività di ricerca e sviluppo, indicandone il collegamento con i beni immateriali di riferimento.

La documentazione dovrà contenere, inoltre, la descrizione dei metodi e dei criteri di calcolo utilizzati per la determinazione dell’agevolazione e le ragioni per cui, considerando anche lo standard OCSE di riferimento, sono stati selezionati proprio tali metodi. In ogni caso, il Provvedimento consente al contribuente entro 120 giorni dalla presentazione dell’istanza di integrare la documentazione presentata.

In caso di documentazione giudicata carente dall’Ufficio, l’istanza potrà essere rigettata entro 30 giorni dal ricevimento dell’istanza. Per le istanze presentate entro il 30.6.2016, il termine è differito a 180 giorni. Il termine per il rigetto dell’istanza rimane sospeso per il periodo necessario al completamento dell’attività istruttoria (e dunque fino al termine dei 120 giorni consentiti per integrare la documentazione).

Per le microimprese, piccole e medie imprese, come definite dalla Raccomandazione della Commissione delle Comunità Europee 2003/361/CE (d’ora in poi PMI), è prevista una semplificazione nelle modalità di accesso alla procedura di ruling obbligatoria al fine di determinare il contributo economico alla produzione del reddito complessivo derivante dall’utilizzo diretto del bene immateriale (art. 12 co. 3 del DM 30.7.2015).

In particolare, le PMI non sono obbligate ad illustrare nell’istanza i metodi ed i criteri di calcolo del contributo economico alla produzione del reddito d’impresa o della perdita, dei beni immateriali e le ragioni per cui tali metodi e criteri sono stati selezionati. Questi ultimi potranno essere definiti in contraddittorio con l’ufficio nel corso della procedura di accordo preventivo.

 


Perdite

 

Soprattutto nei primi periodi di imposta di sfruttamento del bene immateriale, potrebbe accadere che lo stesso non generi utili ma perdite.

Nel silenzio normativo, la circolare dell’Agenzia delle Entrate 36/E del 2015 è intervenuta chiarendo che il contribuente avrà in ogni caso l’onere di computare tali perdite e di utilizzarle nell’ambito del regime del patent box. In sostanza, il contribuente dovrà rinviare gli effetti positivi dell’opzione agli esercizi in cui lo stesso bene sarà produttivo di reddito.

In sostanza, mediante un meccanismo di recapture, le perdite generate nel periodo in cui il contribuente ha optato per l’agevolazione, verranno computate a riduzione del reddito lordo agevolabile fino al loro completo esaurimento. Conseguentemente, i benefici fiscali derivanti dal patent box si verificheranno solo quando il bene immateriale effettivamente genererà redditi superiori alle perdite pregresse maturate.


Operazioni straordinarie

L’adesione al regime del patent box potrebbe essere accompagnata da una razionalizzazione della struttura del gruppo del soggetto che intende aderire.

Ad esempio, anche al fine di facilitare il calcolo del reddito, il contribuente potrebbe decidere di creare una IP company cui trasferire tutti i beni immateriali, che conceda in licenza l’utilizzo alle altre consociate. In tal modo, il reddito agevolabile sarebbe facilmente individuabile nelle royalties riconosciute alla IP company, e il ruling diventerebbe solo facoltativo (trattandosi di sfruttamento indiretto del bene immateriale).

In caso di operazioni straordinarie, il soggetto avente causa subentra nell’esercizio dell’opzione effettuato dal dante causa, anche in relazione al sostenimento dei costi rilevanti per il calcolo del reddito agevolabile e agli anni di durata dell’opzione (art. 5 del DM 30.7.2015 e relazione illustrativa).

Le operazioni di riorganizzazione come sopra descritte sono state esplicitamente considerate non elusive dall’Agenzia delle Entrate (circ. 36/E del 2015), a condizione che la IP company svolga una “sostantial activity” in tema di ricerca e sviluppo, ciò in quanto tale operazione non consente di beneficiare di alcun vantaggio fiscale. Secondo l’Agenzia, dunque, la conseguenza che il ruling a seguito dell’operazione diventi solo facoltativo non può considerarsi un “vantaggio fiscale” che comporti l’applicazione della nuova nozione di abuso del diritto.

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